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Michela una vita da sottomessa Atto 3


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
09.06.2025    |    123    |    2 9.0
"Sono la sua cagna, e questo mi rende viva..."
L’aria nel mio ufficio è carica di tensione, un misto di ansia e desiderio che mi fa tremare le mani mentre sistemo i documenti sulla scrivania. Sono passati giorni dal giro di shopping con Daniela, e ogni mattina è stata una danza di umiliazioni, il mio corpo offerto come un sacrificio alla mia Padrona. Oggi, però, è un giorno diverso. Devo incontrare il mio primo cliente dopo la mia trasformazione, una donna di nome Enrica, e l’agitazione mi stringe lo stomaco come una morsa. Daniela mi ha ordinato di indossare il miniabito di raso rosso, un capo osceno che mi fa sembrare una bambola erotica pronta per essere esibita. Il raso, lucido e scivoloso, aderisce alle mie curve come una seconda pelle, ma è così corto che ogni movimento espone la mia intimità, la mia fica rasata che pulsa sotto gli occhi di chiunque mi guardi. La scollatura profonda lascia il mio seno, una quarta abbondante, quasi fuori, i capezzoli turgidi che spingono contro il tessuto, un invito silenzioso al peccato. Il nuovo stringivita nero mi soffoca la vita, le stecche di balena che mi comprimono, spingendo il seno verso l’alto e assottigliando la mia figura fino a farmi sembrare una clessidra vivente. L’effetto è mozzafiato, ma mi sento come se stessi per svenire, ogni respiro un atto di sottomissione al volere di Daniela. Le calze nere, agganciate al reggicalze, terminano con una riga dietro che accentua la mia sensualità, e i tacchi a spillo di 12 cm mi fanno ondeggiare, ogni passo un’esplosione di dolore e piacere.
Il plug anale, un mostro da 8 cm di diametro, è conficcato nel mio buco, un peso che mi dilata e mi ricorda costantemente chi sono: la schiava di Daniela. Il ronzio è debole, forse la batteria si sta scaricando, ma la pressione è un tormento che mi fa gemere piano, l’odore muschiato della mia eccitazione che si diffonde nell’aria, un profumo caldo e invitante che tradisce il mio stato. Ogni mattina, Luciana mi depila, le sue mani che scivolano sul mio sesso, i suoi commenti che mi umiliano: “Guarda che puttana sei diventata, Michela.” Oggi, mentre mi rasava, ha infilato due dita dentro di me, ridendo della mia apertura, un buco che non si chiude più dopo le sessioni con Daniela. “Sei pronta per il cliente?” ha chiesto, e io ho annuito, il viso in fiamme, il desiderio di compiacere la mia Padrona che mi brucia dentro.
Sulla mia scrivania, i tre plug che usavo all’inizio sono disposti come fermacarte, le loro gemme colorate – rosso, blu e verde – che brillano sotto la luce fredda dei neon. Sono più piccoli del mostro che porto ora, ma il loro aspetto attira l’attenzione, un dettaglio che solo gli intenditori riconoscono. Ogni visitatore li nota, e il pensiero che qualcuno capisca cosa sono mi fa arrossire, il mio sesso che pulsa di vergogna e desiderio. Mi siedo sulla poltrona, alzando il vestito dietro, come Daniela mi ha insegnato, lasciando che le mie chiappe tocchino la pelle fredda della sedia. Il contatto gelido mi fa rabbrividire, un brivido che si mescola al calore del plug, un contrasto che amplifica la mia sottomissione.
Luciana bussa, accompagnando Enrica. Alzo lo sguardo, e il mio cuore salta un battito. Enrica è una donna di mezza età, ma il suo aspetto è giovanile, quasi provocante. Indossa una gonna di pelle nera, aderente come una seconda pelle, che termina a metà coscia, mettendo in evidenza gambe lunghe e toniche. La camicetta di seta bianca è semi-trasparente, il reggiseno di pizzo nero visibile sotto il tessuto, che esalta un seno pieno e sodo. I suoi capelli castani sono raccolti in una coda alta, e i suoi occhi verdi mi fissano con un’intensità che mi fa tremare. C’è desiderio nel suo sguardo, un’ombra di lussuria che mi fa sentire nuda, anche se sono vestita. Mi alzo dalla poltrona, e il vestito rosso si solleva, esponendo la mia fica rasata, le calze nere che terminano con la fettuccia dello stringivita. Enrica sgrana gli occhi, un sorriso che le sfiora le labbra, mentre Luciana, dietro di lei, sorride compiaciuta della mia sfacciataggine. Daniela, seduta su una poltrona accanto a me, mi osserva con uno sguardo complice e dominante, i suoi occhi scuri che mi spogliano di ogni difesa, un comando silenzioso che mi ordina di essere perfetta.
“Benvenuta, Enrica,” dico, porgendo la mano, la voce che trema leggermente. Mi avvicino a lei, ogni passo un’esplosione di sensualità, i tacchi che risuonano sul pavimento di legno, il raso che fruscia contro la mia pelle. La invito a sedersi, e torno alla mia poltrona, alzando il vestito dietro, le chiappe che toccano la sedia fredda. Mi siedo con le gambe leggermente aperte, come Daniela mi ha ordinato, il mio sesso in mostra, l’odore della mia eccitazione che riempie la stanza. Enrica si siede di fronte a me, i suoi occhi che vagano sul mio corpo, soffermandosi sul mio seno, sulla mia intimità, e poi sui tre plug sulla scrivania. Il suo sorriso si allarga, un lampo di riconoscimento che mi fa arrossire. “Che oggetti interessanti,” dice, indicando le gemme. “E questo… cambiamento. Così audace. Come mai?”
Chino il capo, un gesto di sottomissione che mi viene naturale, le mani giunte in grembo, il linguaggio del corpo che urla la mia appartenenza. “È merito della mia Padrona,” rispondo, la voce bassa, quasi un sussurro. “Le appartengo completamente, anima e corpo.” Alzo lo sguardo su Daniela, che sorride, il suo sguardo dominante che mi fa tremare di desiderio. Enrica segue il mio gesto, posando gli occhi su Daniela, che indossa i suoi nuovi stivali neri a mezza coscia, la minigonna che lascia intravedere le calze nere, un’aria di potere che riempie la stanza. “E quei tre oggetti?” chiede Enrica, indicando i plug. “Sono ricordi,” dico, sfacciata, il mio orgoglio che si accende contro la vergogna. “Di quando il mio buco era ancora vergine.” Enrica ride piano, un suono che mi fa pulsare, il suo desiderio evidente.
Daniela si rivolge a Enrica, la voce bassa e autoritaria. “Vuoi vedere com’è ora il suo buco?” Enrica annuisce, gli occhi che brillano di curiosità. “Molto curiosa,” risponde. Daniela mi ordina: “Alzati e mostra il tuo buco a Enrica.” Il mio cuore batte forte, un misto di paura e desiderio che mi fa tremare. Mi alzo dalla poltrona con lentezza, ogni movimento calcolato, il raso rosso che si solleva, esponendo la mia fica. Enrica mi guarda, il suo sguardo che si fissa sul mio sesso, un’onda di lussuria che mi fa gemere piano. Mi avvicino a lei, i tacchi che risuonano, il profumo della mia eccitazione che si diffonde. Mi volto, poggiando le mani sulla scrivania, il mio seno che preme contro il vetro freddo, una tetta che scivola fuori dal vestito, il capezzolo che sfiora la superficie gelida, facendomi vibrare. Con le mani, mi alzo il vestito, esponendo il plug anale da 8 cm, un mostro nero con una base di gemme rosse che scintilla sotto la luce.
Enrica resta a bocca aperta, sorpresa dalla grandezza del plug, più doppio di un braccio, un oggetto che sembra impossibile da contenere. “È… enorme,” mormora, la voce carica di stupore e desiderio. Allunga la mano, sfiorandolo, e io gemo, il piacere che mi fa spingere il culo indietro, quasi a provocarla. “A-ahhh…” sussurro, il mio buco che pulsa attorno al plug. Enrica lo afferra, tirandolo piano, e il suono umido del mio ano che lo rilascia riempie la stanza. Lo ammira, tenendolo tra le mani, la superficie lucida dei miei umori. Poi, senza preavviso, infila le dita nel mio buco slabbrato, un abisso che accoglie la sua mano con facilità. “Ohhh… cazzo…” urlo, il dolore che si mescola al piacere, la sua mano che si spinge dentro, quasi fino al gomito, un’invasione che mi fa inarcare la schiena. “Sei un pozzo senza fondo,” dice, la voce carica di eccitazione, mentre fista il mio culo con forza, ogni movimento un’esplosione di sensazioni.
La sua voglia si accende, e con l’altra mano cerca il mio sesso, infilando prima due dita, poi tre, poi quattro, fino a spingere l’intera mano dentro. “A-ahhh… sììì…” urlo, il doppio fisting che mi squarcia, un piacere selvaggio che mi fa tremare. Le sue mani si muovono veloci, un ritmo brutale che mi porta al confine dell’orgasmo. “Cazzo… sto… sto venendo!” urlo, l’orgasmo che mi travolge come un’onda, il mio sesso che gocciola, il mio culo che pulsa attorno alle sue mani. Crollo sulla scrivania, ansimando, il seno schiacciato contro il vetro, il capezzolo ancora esposto, il corpo esausto ma appagato.
Daniela si alza, il suo sguardo dominante che mi fa rabbrividire. “Enrica, devi andare in bagno?” chiede. “Sì, devo urinare,” risponde, sudata, il viso arrossato. Daniela mi ordina: “Provvedi, schiava.” Mi inginocchio davanti a Enrica, le sollevo la gonna di pelle, le tolgo le mutandine di pizzo nero, e la mia lingua scivola sul suo clitoride, poi tra le labbra, il sapore caldo e salato che mi fa gemere. Lei si lascia andare, afferrandomi la testa, strofinandomela contro la sua fica, i suoi gemiti che riempiono la stanza. Raggiunge l’orgasmo, squirtando un getto che mi colpisce in bocca, un gusto dolce e acre, e poi mi tiene ferma, pisciandomi in bocca, un flusso caldo e amaro che mi soffoca. “Bevi tutto, puttana,” ordina Daniela, e io obbedisco, ingoiando ogni goccia, l’umiliazione che mi fa bruciare di vergogna ma anche di felicità. Sono la sua cagna, e questo mi rende viva.
Mi rialzo, barcollando, il viso bagnato, l’odore della pipì che mi avvolge. Daniela porge il plug gigantesco a Enrica, che lo infila di nuovo nel mio culo con un gesto deciso, il dolore che mi fa urlare: “A-ahhh!” Il mio buco si dilata, accogliendolo, un peso che mi riempie. Daniela conclude l’incontro, dicendo: “Domani ti ho preso appuntamento da un amico per adornare il tuo corpo con gioielli, Michela. Sarai orgogliosa di portarli.” Enrica sorride. “Tornerò quando sarà ingioiellata.” Esco dall’ufficio, il plug che vibra debolmente, il corpo dolorante ma appagato, pronta per nuove umiliazioni, nuove sfide, perché appartengo a Daniela, e non voglio essere altro.

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